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Segnalazioni dai media: La prova del cuoco

Segnalazioni dai media: La prova del cuoco I

Giovedì 27 gennaio 2011 nella quotidiana e seguitissima trasmissione televisiva di RAI 1 “La prova del cuoco” si continua erroneamente a chiamare i noti funghi “pioppini” o “piopparelli” (Agrocybe aegerita) con il nome volgare di “chiodini”. È già successo in precedenti puntate. In effetti c’è stata anche un’alternanza di termini corretti/scorretti con i cuochi che trattavano tali funghi. Ci teniamo a ribadire che il termine “chiodino” è scorretto perché riferito ad un altra specie, l’Armillaria mellea s.l. La cosa è grave in quanto i funghi incriminati (i veri pioppini o piopparelli) vengono cucinati sempre con i gambi. È comunque sconsigliato cucinare i gambi dei pioppini, almeno per quelli selvatici, che potrebbero essere duri e coriacei: quelli coltivati, si sa, sono molto più teneri... Ma se vengono chiamati e quindi intesi dal pubblico come “chiodini” (altra specie, Armillaria mellea), e se venissero cucinati con i gambi interi, questi potrebbero risultare estremamente indigesti e anche tossici, specialmente se cucinati per pochi minuti come spessissimo - purtroppo - vengono cucinati i funghi in genere in televisione. È noto infatti che i chiodini sono funghi velenosi crudi o poco cotti; i loro gambi sono estremamente coriacei e fibrosi e se, poco cotti - quindi saltati per pochi minuti interi in padella come spesso si vede in TV - potrebbe dare origine a seri disturbi gastro-enterici nonché a problemi digestivi. Quando vedremo i funghi in televisione o comunque sui media chiamati con il loro nome corretto e quando cucinati nel modo più giusto e sensato?
Dr. Roberto Galli, biologo, Presidente del Gruppo Micologico Milanese


Agrocybe aegerita


Armillaria mellea


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La Prova del Cuoco II

Ancora una volta lo spunto per quest’altra informazione a commento viene dalla celeberrima trasmissione di RAI 1 “La prova del cuoco”. Durante una puntata andata in onda lo scorso Dicembre 2011, uno dei Chef di turno sta usando alcune fette di porcini essiccati che giustamente fa rinvenire in acqua.

La conduttrice del programma, Antonella Clerici, prontamente ricorda ai telespettatori che, dopo la reidratazione, l’acqua di rinvenimento “… va sempre buttata via!” …

E proprio qui sta la nostra precisazione. Ora, è verissimo e soprattutto saggio eliminare totalmente l’acqua di rinvenimento dei funghi secchi perché potrebbe contenere terra e sporcizia varia e, anche se opportunamente filtrata, parecchi microorganismi. Questo è però valido per i funghi secchi acquistati, magari di dubbia provenienza o addirittura da ambulanti, che non si curano della pulizia dei funghi prima di essiccarli! Quante volte abbiamo visto – purtroppo! – terra e detriti vari ben visibili nelle confezioni industriali di funghi secchi, magari quelle più economiche…

Se i funghi vengono però essiccati da noi è chiaro che prima vengono puliti e privati di qualsiasi residuo di terra o altro. Potrebbero in effetti rimanere dei microorganismi - magari dopo la fase di essiccazione all’aria – ma in ogni caso la “nostra” acqua di rinvenimento – che comunque è sempre bene filtrare – può essere utilizzata DOPO BOLLITURA o comunque COTTA per zuppe, minestre, sughi, o per cucinare la pasta e soprattutto i risotti, diventando sicura dal punto di vista igienico per mantenendo inalterato tutto il suo profumo e sapore. È infatti un peccato buttare l’acqua profumata dei funghi secchi: certo, non me la devo bere così com’è!!! Quindi l’utilizzo corretto è solo dopo adeguata cottura per eliminare batteri e vari altri microorganismi. Del resto, proprio alla “Prova del cuoco” non si dice sempre che “… in cucina non si butta mai via niente e nulla va sprecato…”?

C’è un solo motivo per eliminare sempre l’acqua di rinvenimento dei funghi secchi: quando siamo certi di usare funghi che possono aver assorbito sostanze tossiche inquinanti come metalli pesanti e soprattutto isotopi radioattivi come le famose specie Cesio-captanti come Rozites caperatus, Xerocomus badius e Cantharellus lutescens. Noi consigliamo comunque di non utilizzare grandi quantità dei suddetti funghi ma se proprio li vogliamo consumare (in piccole quantità) suggeriamo di essiccarli e poi di rinvenirli in acqua cambiando almeno due volte l’acqua medesima che, come detto, va totalmente buttata via. Per i metalli pesanti non sempre il metodo funziona, mentre la radioattività si riduce fino al 70% …

Dr. Roberto Galli, biologo, Presidente del Gruppo Micologico Milanese


un cestino di funghi puliti


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La Prova del Cuoco III

Una nuova precisazione. Nella puntata di mercoledì 26 Marzo 2014 il bravissimo cuoco Sergio Barzetti prepara un’interessante (e sicuramente gustosa) tasca di tacchino ripiena - tra gli altri ingredienti - con funghi “pioppini” (Agrocybe aegerita) coltivati e altri essiccati naturali chiamati “finferli” (notoriamente Cantharellus cibarius). Sergio Barzetti, bravissimo, versatile e raffinato gastronomo, dovrebbe però informarsi un po’ di più sui veri nomi vernacolari dei funghi usati nelle sue ricette e fidarsi un po’ meno di quel praticone e pressappochista di Bebbe Bigazzi che, come ha avuto modo di dimostrare più volte in passato, di funghi ne capisce assai poco…
Nella preparazione culinaria si identificano inequivocabilmente vari esemplari di Cantharellus lutescens che notoriamente sono chiamati volgarmente “finferle”, classico e tipico nome trentino, in contrapposizione ai veri “finferli”, il classico Cantharellus cibarius. È vero che la differenza è linguisticamente minima, ma molto differente nella tradizione gastronomica popolare, in particolare in quella della regione Trentino-Alto Adige. Si chiama finferlo (al maschile) il Cantharellus cibarius e finferla (al femminile) il Cantharellus lutescens. Sono due specie ben diverse dal punto di vista micologico e soprattutto gastronomico… Com’è noto e risaputo tra i buongustai, il finferlo non si può essiccare poiché diventa molto duro, stoppaccioso (come dice Antonella Clerici) e amaro, quindi immangiabile dopo essiccazione e successivo rinvenimento in acqua. Mentre la finferla si presta all’essiccazione, e come tale si trova anche in commercio, migliorandone i caratteri organolettici; diventa più aromatico e rimane morbido dopo rinvenimento in acqua…
Allora nella preparazione di Barzetti non si può chiamare finferlo un fungo che non è quello, ma che rappresenta un’altra specie fungina, pregiata sì ma solo allo stato fresco; essiccato avrebbe data un cattivo supporto al suo piatto… La confusione tra i due funghi potrebbe indurre qualcuno a usare il finferlo (Cantharellus cibarius) anche allo stato secco, ma che invece rappresenta un grave errore dal punto di vista gastronomico-culinario!

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Il “finferlo” (Cantharellus cibarius, foto Valerio Turri)

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La “finferla” (Cantharellus lutescens,foto Emilio Rigoni)

In conclusione, se c’è voluto un bel po’ per far chiamare funghi “pioppini” e non funghi “chiodini” l’Agrocybe aegerita (vedi segnalazione I su questo sito), auspico che presto anche per i Cantarelli (finferli e finferle) ci sia più chiarezza con i nomi vernacolari, anche per questioni di tradizioni popolari (alle quali Bigazzi - sembra - ci tenga tanto…), ma soprattutto per ragioni gastronomiche, almeno quando si usano dei funghi.

Roberto Galli

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La Prova del Cuoco IV

Inavvertitamente il giorno 12 Settembre 2014 mentre stavo accingendomi a preparare il pranzo, ho acceso la televisione quando trasmettevano la celeberrima trasmissione “La Prova del Cuoco”. Dopo una manciata di secondi ho capito che non era più quello il programma, ma bensì uno nuovo: probabilmente la "nemesi del fungo".
Tralasciamo la brodaglia indescrivibile che uno dei due cuochi ha preparato, massacrando, torturando ed infine consapevolmente affogando dei poveri finferli (Cantharellus cibarius), in un'accozzaglia di ingredienti che avrebbero distrutto, aromaticamente parlando, anche una zuppa di chiodi di garofano, per poi seppellirli, (non restava altro da fare), con una pioggia di macinato da torta "sbrisolona". Amen.
La cosa peggiore, da guiness dei primati, per accostamenti gustativi e rischio avvelenamento o gastroenterite da suicidio pilorico e strozzamento duodenale, è stata la preparazione dell'altro cuoco: non discuto i gusti, se ti piace il ragù a base uva sultanina, pomodoro, cavolfiore e carne di totano caramellata, la ricetta ti va bene, ma se l'idea di assaggiarlo ti provoca una stenosi dell'esofago, da repulsione, allora… evita.
Un letto di pesche cotte contornate da un lato da presumibili porcini (Boletus edulis) mal cotti e contorti (probabilmente negli spasimi dell'agonia), fette dello stesso boleto crudo dall'altra, spesse 4 mm, contornate e sovrastate da insalata verde, cipolla e rapanelli e altro. A parte che non capisco come si possa abbinare un aroma e un gusto particolare come quello del fungo, che da solo fa primo, secondo, contorno e companatico, con quegli ingredienti, ma se aggiungiamo che il boleto crudo in questione aveva i tubuli verdi, ovvero l'imenoforo ormai maturo e pronto a rilasciare le spore.  
Se aggiungiamo che – spesso e volentieri - un solo porcino di piccole dimensioni immaturo (con l’imenoforo ancora bianco), è già così com'è un rischio per fegato annessi e connessi, mi chiedo come si può “consigliare” un qualcosa di così rischioso attraverso una  divulgazione potenzialmente dannosa per la salute pubblica…
Se non credete a ciò che dico, verificate le statistiche - reperibili in rete - per intolleranze, allergie e potenziali intossicazioni da funghi anche commestibili ma consumati crudi, talvolta poco cotti o non ben conservati e quindi del tutto alterati…

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I porcini come questi (Boletus aestivalis, foto R. Galli) possono essere consumati anche da crudi ma solo se piccoli, immaturi, freschissimi e sempre in piccole quantità!!!

Sperando che al prossimo tentativo di guazzabuglio che la trasmissione suddetta ci propinerà ci siate ancora tutti, vivi e vegeti, chiedo un minuto di silenzio in ricordo di quei poveri funghi così brutalmente martoriati e bistrattati.

Gabriele Carsaniga

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La Prova del Cuoco V

Puntata del 25 Settembre 2015 (venerdì). Durante la gara dei Cuochi, il Pomodoro Rosso (chef Alfonso dalla Croce) cucina una spigola appena scottata su cui mette delle fette crude - abbastanza spesse - di un porcino estivo (Boletus aestivalis), pregiatissimo dal punto di vista organolettico, ma troppo grande, maturo, vecchio, quasi un po’ appassito, raggrinzito; il tutto ben visibile per l’imenoforo brunastro, scuro, segno evidente di una avanzata vetustà… Il tutto adagiato su un letto di pomodorini (orrore!) appena scottati, poi frullati e quindi inevitabilmente acidi…
Ora, noi non contestiamo la ricetta ("Filetto di spigola con insalatina di porcini e crema di pomodoro"), che comunque non condividiamo, non discutiamo i gusti personali, ci mancherebbe! Vogliamo però segnalare che funghi maturi e vecchi come quello NON devono mai essere consumati CRUDI!!! Più volte abbiamo infatti ribadito che i porcini in tale stato possono facilmente causare intolleranze, allergie e disturbi gastroenterici anche di grave entità! I porcini crudi non dovrebbero mai essere mangiati crudi… Al limite solo esemplari piccoli, immaturi e freschissimi! È anche una questione di quantità: più se ne mangiano – crudi – e più si può stare male… Secondo me la giuria ne ha mangiato ben poco…
Il Presidente della giuria, Tiziana Stefanelli, dice che il piatto è interessante (!), con il pesce che non sa di pesce (ci credo…), ma che l’acido del pomodoro con il sapore del ‘bosco’ del fungo toglie il gusto del pesce al pesce (e ci ricredo…) ma poi, alla fine, premia l’altra squadra, il Peperone Verde (Chef Riccardo Facchini)…
Durante la gara uno dei giurati, Federico Quaranta, afferma che i porcini sono consumati solo da noi Italiani, Svizzeri e Austriaci… e che l’Italia è l’unico Paese al mondo che consuma grandissime quantità di porcini… Quest’ultima affermazione è verissima, ma non la prima: la Svizzera (italiana) passi, ma in Austria i porcini sono quasi del tutto ignorati… Non a caso, infatti, siamo noi italiani ad andare in Austria a prendere chilate di porcini! … Quaranta ha dimenticato la Francia, grande estimatore, da secoli, dello ‘Cépe de Bordeaux’ (porcino comune o d’autunno, Boletus edulis) … e anche la Spagna, anche se gli Spagnoli (Catalani in particolare) preferiscono i sanguinelli (Lactarius gruppo Dapetes) ai porcini (per lo più Boletus aereus, che infatti vengono esportati da noi…). Quaranta afferma anche che i porcini venivano già consumati all’epoca degli antichi Romani, i quali li chiamavono Suillus, in analogia – per aspetto e consistenza – con il maiale… È vero, anche se per lo più i Romani preferivano l’ovolo reale (Amanita caesarea)…
 Infine Tiziana Stefanelli dice, giustamente, che i funghi non vanno cucinati con aglio, prezzemolo e vino (finalmente !!! Ma che succede, ora, crolla il mondo? …), ma suggerisce di cuocerli senza niente in padella per renderli più croccanti, e dopo conditi solo con olio e sale…
 Per concludere, anche se per noi è un piatto da… dimenticare, non discutiamo gusti e sapori… Vorremmo solo fare un invito al buon senso e alla prevenzione (perché prevenire è meglio che curare!) e, anche, auspichiamo una migliore e più corretta informazione, quando si parla di funghi e del loro consumo.

Dr. Roberto Galli, Presidente del Gruppo Micologico Milanese

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Solo il più piccolo (quello al centro) di questi esemplari di ‘porcino estivo’ (Boletus aestivalis)
si può consumare, con moderazione e solo freschissimo, tagliato sottile, crudo in insalata… Quello a destra, troppo maturo, vecchio (vedi i tubuli verdastri)
NON è indicato per questa preparazione gastronomica ma, al limite, e solo se sano, può essere consumato COTTO fresco o dopo essiccazione.

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La Prova del Cuoco VI: pioppini o chiodini?

Ci risiamo!
Nella puntata della celeberrima trasmissione di RAI 1 “La prova del Cuoco” di martedì 23 Gennaio 2018 vengono cucinati – in una delle tante ricette proposte dagli chef in trasmissione – dei tipici “pioppini” (Agrocybe aegerita) coltivati (si vede benissimo dall’habitus), solo che vengono erroneamente chiamati “chiodini” (Armillaria mellea s.l.), specie biologicamente e botanicamente completamente differente dai “pioppini”.
Qualche anno fa avevo già evidenziato l’errore, segnalandolo su questo sito (“Segnalazioni dai media: la prova del cuoco I”: sezione articoli, www.gruppomicologicomilanese.it). È già successo in precedenti puntate. In effetti c’è stata anche un’alternanza di termini corretti/scorretti con i cuochi che trattavano tali funghi…
 Sempre in puntata interviene l’esperto Federico Quaranta che, pur dicendo di non intendersene di funghi (in effetti …), dice giustamente che i “pioppini” e i “chiodini” sono funghi diversi, e che i “chiodini” devono essere sbollentati prima di essere cucinati normalmente… Giustissimo: i “chiodini” vanno sempre bolliti in acqua salata per almeno 5-10 minuti! Peccato però che Quaranta non si accorge che i funghi cucinati dallo chef sono dei “pioppini”! … Quindi quei poveri pioppini vengono sbollentati (interi!) e poi cucinati (sempre interi!)… Essendo coltivati sono meno saporiti di quelli selvatici, figuratevi poi per giunta sbollentati! …
 Ma c’è di più, anzi, peggio! Quaranta afferma che i “pioppini” si possono mangiare anche CRUDI! Niente di più sbagliato! Non c’è nessuna prova concreta che i “pioppini” (Agrocybe aegerita) possono essere consumati anche crudi, senza causare qualche reazione, intolleranza o disturbo …

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Pioppini” (Agrocybe aegerita, foto Roberto Galli)

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Chiodini” (Armillaria mellea,foto Valerio Turri)

Ci teniamo a ribadire che il nome volgare o vernacolare “chiodino” è scorretto perché riferito ad un altra specie, l’Armillaria mellea s.l. La cosa è grave in quanto i funghi incriminati (i veri “pioppini” o “piopparelli”, Agrocybe aegerita) vengono cucinati sempre con i gambi. È comunque sconsigliato cucinare i gambi dei pioppini, almeno per quelli selvatici, che potrebbero essere duri e coriacei: quelli coltivati, si sa, sono molto più teneri... Ma SE vengono chiamati, quindi intesi e scambiati dal pubblico come “chiodini” (altra specie, Armillaria mellea), e se venissero cucinati con i gambi interi, questi potrebbero risultare estremamente indigesti e anche tossici, specialmente se cucinati per pochi minuti come spessissimo - purtroppo - vengono cucinati i funghi in genere in televisione. È arcinoto infatti che i “chiodini” sono funghi VELENOSI crudi o poco cotti; i loro gambi sono estremamente coriacei e fibrosi e se, poco cotti - quindi saltati per pochi minuti interi in padella come spesso si vede in TV - potrebbe dare origine a seri disturbi gastro-enterici nonché a problemi digestivi. I gambi dei “chiodini” (Armillaria mellea s.l.) vanno sempre rigorosamente eliminati!
Quando vedremo i funghi in televisione o comunque sui media chiamati con il loro nome corretto e quando cucinati nel modo più giusto e sensato?

Prof. Roberto Galli, biologo, Presidente del Gruppo Micologico Milanese

 


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