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Sei sicuro di cucinare bene i Finferli?

In questo titolo c’è tutta l’ironia e il sarcasmo del sottoscritto, in quanto è chiaro che tutti sono convinti - secondo il proprio gusto - di cucinare più che bene questi funghi assai noti e popolari chiamati “Finferli o Gallinacci, Galletti…”, ma forse qualcuno ignora che ci potrebbero essere altre ricette più adatte o altre metodologie migliori e più indicate per questi funghi particolari. Che dite? … Proviamo?

Prima di tutto è doveroso precisare che il Finferlo è un fungo particolare, dal profumo e gusto non fungini bensì fruttati quasi come di pesca, albicocca, prugna o altri frutti più o meno zuccherini. Per tale motivo gli ingredienti usati non devono assolutamente coprire o alterare queste caratteristiche organolettiche ma, al contrario, cercare di esaltarle o valorizzarle al massimo. I Finferli si mettono in pentola solo freschi, non si essiccano (diventano amari, duri e stopposi) né si congelano … Se volete conservarli potete precuocerli con poco olio e sale, fino a far evaporare la loro acqua di vegetazione e poi, raffreddati, messi in congelatore. Si possono conservare sott’olio, ma l’uso dell’aceto e del vino coprono o alterano irreparabilmente il loro delicato sapore.

Quindi sarà fondamentale non usare condimenti forti e dominanti come aglio, cipolla, pomodoro, limone, prezzemolo ecc. o altri diluenti come brodo o vino … I Finferli non sono adatti per la preparazione di risotti, brasati o umidi con carni varie o selvaggina, né con la polenta, ma solo usati come condimento per particolari primi piatti a base di pasta fresca, come contorno o per delicati antipasti …

Il ‘vero e unico’ Finferlo è il Cantharellus cibarius (vedi foto 1) dal tipico colore giallo in tutte le parti, che cresce nei boschi di conifere alpini (Pecci, Picea abies in particolare) o in quelli di castagni (Castanea sativa) e faggi (Fagus sylvatica) prealpini o appenninici. Seguono altre specie ‘satelliti’ più o meno simili, che si consumano e conservano tutti al pari di C. cibarius.

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1. Cantharellus cibarius, reperito in montagna presso pecci (Picea abies)

Quella più comune è senza dubbio il Cantharellus pallens (= C. subpruinosus, = C. cibarius var. bicolor, vedi foto 2), che possiede un cappello biancastro, pruinoso e subvellutato, ma giallo nelle altre parti del basidioma. I caratteri organolettici sono simili, anche se molto più attenuati rispetto al C. cibarius. Cresce spesso subcespitoso, nei boschi asciutti e subtermofili di latifoglie, per lo più di querce (Quercus spp.) e castagni (Castanea sativa); Alpi (solo presso nocciolo, Corylus avellana) Prealpi e Appennino; da fine primavera (maggio) all’estate inoltrata.

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2. Cantharellus pallens, fotografato in un castagneto (Castanea sativa) appenninico

Nei boschi montani alpini o subalpini (per lo più presso pecci, Picea abies) cresce un’altra varietà del C. cibarius, la var. amethysteus (vedi foto 3), che è caratterizzata da una taglia più piccola, un cappello subsquamuloso di colore lilla ametista, talvolta a chiazze. Il profumo è analogo, ma molto meno pronunciato.

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3. Cantharellus cibarius var. amethysteus, presso pecci in Val di Fiemme

Negli habitat più termofili o mediterranei si incontrano almeno altre due specie: Cantharellus ferruginascens (vedi foto 4), di taglia media, tutto colorato di giallo-verdastro, giallo pallido, ma con netta tendenza a macchiarsi di ruggine a partire dal gambo. Anch’esso poco profumato, cresce a gruppi nei boschi termofili per lo più di querce, anche sempreverdi in ambiente mediterraneo. Sempre in tale habitat (specialmente presso leccio, Quercus ilex) cresce Cantharellus alborufescens (vedi foto 5); di piccola taglia, è tutto biancastro, poi giallino e con sfumature rosa-lilla sul cappello, e con netta tendenza a macchiarsi di ocra rossastro a partire dal gambo. È anch’esso poco profumato.

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4. Cantharellus ferruginascens, reperito presso lecci (Quercus ilex) e
pini marittimi (Pinus pinaster) a Pantelleria

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5. Cantharellus alborufescens, trovato in una lecceta pura (Quercus ilex) di Pantelleria

Ma allora, come si devono cucinare i Finferli? Il metodo migliore, in assoluto il più indicato, viene da una tradizionale ricetta altoatesina da me opportunamente rivisitata:

“Finferli alla panna” (vedi foto 6)
(ricetta di Roberto Galli)

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6. Finferli alla panna

Pulire molto bene i Finferli senza lavarli (si impregnano troppo di acqua!); tagliarli a fettine sottili e cuocerli con poco burro, bagnando di tanto in tanto con del latte intero. Dopo circa 10-15 minuti e quando il latte sarà in gran parte evaporato, aggiungere mezzo bicchiere di panna da cucina, un pizzico di noce moscata, sale pepe q.b. e continuate la cottura per altri 2 o 3 minuti a fuoco lento mescolando continuamente. Prima di servire spolverare con erba cipollina fresca tritata fine.
I Finferli alla panna possono essere gustati da soli, come contorno a carni sia rosse (filetto di manzo, vedi foto 7) che bianche cucinate alla griglia o alla piastra, come condimento per tagliatelle o tagliolini freschi o per preparae dei ravioli di magro (con della ricotta nell’impasto del ripieno).

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7. Filetto alla crema di Finferli


“Ragù bianco di Finferli”
(ricetta di Marisa Campesato)

Soffriggere in olio sedano, carota e cipolla in parti uguali (piccola quantità) e tritati; aggiungere della carne tritata di vitello o maiale; lasciare insaporire bene e poi sfumare con del vino bianco secco. Cuocere per 20 minuti aggiungendo del brodo leggero vegetale se dovesse asciugare troppo; aggiungere i Finferli tagliati a fettine sottili o a pezzettini (in quantità doppia rispetto alla carne), sale e pepe q.b. e cuocere ancora per 20 minuti bagnando sempre, se occorre, con del brodo. Al momento di servire spolverate con dell’erba cipollina tritata fresca.
Il ragù bianco di Finferli serve per condire egregiamente lasagne, tagliatelle, pasta corta o gnocchi di patate bianche, gialle o viola (vedi foto 8).

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8. Gnocchi di patate viola al ragù bianco di Finferli (Foto Maurizio Civardi)

 

“Finferli in fricassea”
(ricetta di Roberto Galli)

Soffriggere in poco burro un piccolo scalogno finemente tritato fino a farlo appassire; aggiungere i Finferli tagliati a fettine sottili e cuocerli a fuoco lento per 15 minuti bagnando con un po’ di latte. Aggiustare di sale e pepe. In una ciotola sbattete a parte delle uova intere con un pizzico di sale, poco latte e un cucchiaio di erba cipollina tritata fresca; versare il tutto sui funghi fino a far rapprendere le uova mescolando continuamente a fuoco medio. Il sapore fruttato dei Finferli si sposa molto bene con le uova; la fricassea può essere usata sia come contorno a verdure o carni bianche, che come piatto unico.

 

“Finferli in umido o trippati”
(ricetta di Roberto Galli)

Soffriggere nel burro una piccola cipolla bianca finemente tritata fino a farla appassire; aggiungere i Finferli tagliati a fettine sottili e cuocerli a fuoco lento per 15 minuti bagnando con un po’ di brodo vegetale. Aggiustare di sale e pepe q.b., unire della farina bianca, del parmigiano grattuggiato, un cucchiaio di erba cipollina tritata fresca e continuate la cottura per altri 5 minuti, bagnando sempre con lo stesso brodo vegetale fino a ottenere un composto semidenso. La quantità della farina e del parmigiano non devono essere eccessivi per non coprire il delicato sapore fruttato dei Finferli che devono essere sempre predominanti nella preparazione.
I Finferli ‘trippati’ ben si prestano per essere serviti su una bella polenta, oppure come contorno per carni arrosto.


“Finferli alla ligure” (vedi foto 9)
(ricetta di Roberto Galli)

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9. Finferli alla ligure

Scegliere dei Finferli piccoli, giovani e freschissimi, puliteli perfettamente e fateli bollire per 7-8 minuti con ½ bicchiere di aceto bianco, 1 bicchiere di vino bianco secco e 2 bicchieri di acqua; aggiungete tre foglie di alloro e un po’ di sale. A cottura ultimata scolateli e lasciateli raffreddare. Poi disponeteli nel piatto di portata, aggiungendo qualche oliva nera e verde; conditeli con olio di oliva leggero, un trito di basilico ed erba cipollina, sale e pepe q.b. Mescolate con cura e lasciate riposare per almeno mezz’ora. Infine guarnite con qualche foglia di basilico fresco.
I finferli alla ligure sono indicati come antipasto, serviti insieme ad affettati misti o a formaggi non troppo stagionati.

E adesso cuciniamo … le “Finferle”! Con il nome vernacolare e popolare (Trentino Alto-Adige) di “Finferla”si denomina il Craterellus lutescens (vedi foto 10) che appartiene sempre alla Famiglia delle Cantharellaceae. E’ tuttavia molto diverso dal Cantharellus cibarius: si presenta come una trombetta sottile dall’apice ondulato, brunastra sopra, gialla sotto, con il gambo solcato e cavo giallo arancio. Cresce in gruppi di numerosissimi esemplari, anche subcespitosi o molto ravvicinati, nei boschi sia di conifere (Pecci, pini e ginepri) che di latifoglie (castagni); Alpi, Prealpi e Appenino.

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10. Craterellus lutescens, reperiti in montagna presso pecci (Picea abies)

E’ poco carnoso, spesso esile, con carne tenera, fragile, molto esigua. L’odore e il sapore sono aromatici, ma più fungini del C. cibarius e specie affini. Si può conservare essiccato o macinato in polvere. Non si congela fresco. Si cucina velocemente, a pezzettini, nel modo ‘classico’ con olio, poco aglio (o aglio selvatico) o cipolla (scalogno), erba cipollina, vino bianco (da sfumare) per crostini o vol au vent, pasta corta o risotti asciutti, in frittata o come contorno a carni bianche. Vi proponiamo due classiche ricette.

 

“Maccheroncini con le finferle” (vedi foto 11)
(ricetta di Roberto Galli)


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11. Maccheroncini con le Finferle

Pulire molto bene le Finferle senza lavarle e tagliuzzarle finemente. In una pentola larga e a bordo basso fate soffriggere una piccola cipolla bianca (o uno scalogno) finemente tritata fino a farla appassire. Aggiungete i funghi, sale e pepe q.b., e cuocere per 10 minuti; sfumate con del vino bianco secco che farete evaporare a fuoco vivo. Unite i maccheroncini (o altra pasta corta) cotti al dente e ‘spadellate’ per qualche minuto spolverando con dell’erba cipollina fresca tritata fine.

E’ un piatto semplice, ma molto gustoso e “colorato” dalle finferle che non cambiano mai colore alla cottura, come tutti i cantarelli. Se in qualche preparazione gastronomica vedete che i finferli o le finferle risultano non del loro colore originale, ma bensì sul bruno scuro, vuol dire che non sono stati cucinati correttamente, ma con ingredienti non indicati (tipo il brodo) e magari anche cotti troppo a lungo.

“Risotto scuro con finferle e trombette nere” (vedi foto 12)
(ricetta di Roberto Galli)

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12. Risotto con Finferle e Trombette

Per questa ricetta si procede come la precedente solo che alle finfere aggiungerete delle “trombette da morto” (Craterellus cornucopioides) fresche e tagliate a pezzettini. Al posto della pasta corta metterete del riso bollito (tipo pilaf, cioè nel brodo); al momento di ‘saltare’ il riso mescolandolo, unire all’erba cipollina anche un po’ di burro e una manciata (non di più!) di parmigiano grattuggiato.

A questo punto, per concludere, non posso non nominare anche il “Fungo della carne” o “Cantarello viola” (Gomphus clavatus, vedi foto 13) che però non appartiene alle Cantarellaceae, bensì alle Gomphaceae. E’ inconfondibile per la sua forma turbinata, a tronco di cono o clava tronca, di un bellissimo colore viola, lilla-violetto. Si tratta di un fungo di ottima commestibilità; si può cucinare in tutti i modi, meglio sempre da fresco, secondo le ricette più ‘classiche’. Non è però indicato per l’essiccazione.

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13. Gomphus clavatus, fotografati presso pecci (Picea abies) in montagna

Roberto Galli

 

 Bibliografia di riferimento

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